Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione ha assunto la decisione di proporre il convegno-seminario “Noi e i robot” nella consapevolezza che il tema dell’impatto della robotica nel mondo del lavoro è di grande attualità e sempre più lo sarà negli anni a venire. L’impostazione della Fondazione è sempre stata quella di non sposare a priori una tesi ma di proporre diverse opinioni e sensibilità sugli argomenti di volta in volta affrontati. Anche in questo caso abbiamo costruito questo convegno con una relazione introduttiva di Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, a cui ha fatto seguito una tavola rotonda con esponenti del mondo sindacale, di Confindustria, rappresentanti delle istituzioni europee e del mondo accademico, filosofi, proprio per consentire una lettura con diversi punti di vista.
Certo tutti conveniamo con le idee di Cingolani, molto chiare, che ovviamente coincidono con l’impostazione dell’Istituto che dirige: costruire una tecnologia human friendly, che migliori le nostre vite. Ma non è detto che la ricerca prosegua in modo così lineare, c’è anche chi lavora per progettare macchine che siano in grado di evolvere autonomamente. A tutt’oggi verifichiamo che questi temi vengono affrontati sempre in termini tecno-scettici apocalittici o tecno-entusiasti acritici, una dicotomia che non risolve il problema, anche per questo dobbiamo approfondire maggiormente e con letture variegate.
Una nota a lato: abbiamo assunto l’iniziativa poco prima delle elezioni politiche anche per suggerire in un certo modo di affrontare quello che consideriamo il tema dei temi per coniugare sviluppo, modernizzazione e occupazione. Aspettativa completamente frustrata, specie dalle forze politiche che hanno vinto/non vinto alle elezioni, che hanno raggiunto un accordo di governo basato su un “contratto” dove le tematiche dell’automazione e dell’intelligenza artificiale non trovano spazio. Ma nessun Paese può permettersi di ignorare questi problemi. La realtà che sta emergendo è che buona parte del malessere economico che si è diffuso nell’Occidente industrializzato deriva dal modo in cui vengono gestiti i processi di automazione e di smaterializzazione dell’economia. Un esempio per tutti (dati 2017): Facebook capitalizzava circa 520 miliardi di dollari dando lavoro a 21 mila dipendenti; General Electric, IBM, Ford e AT&T, giganti di energia, servizi informatici, auto e telecomunicazioni, tutti insieme, valevano 550 miliardi circa pagando mensilmente più di 1 milione e 100 mila dipendenti. Cambiamenti epocali che dobbiamo studiare, approfondire, come noi, per quel che ci compete, abbiamo iniziato a fare con questo seminario.
Ricordo infine che il convegno è stato dedicato al membro del nostro Consiglio di Amministrazione Silvio Albini, imprenditore innovativo prematuramente scomparso, che è stato determinante con i suoi consigli per la costruzione di tutta l’iniziativa. La sua intelligenza e la sua sensibilità ci mancheranno molto.
Paolo Crivelli
Direttore della Fondazione