QUADERNO 10

Donne in pole position: il futuro è già cominciato?

L’articolo 3 dello Statuto della nostra Fondazione recita fra l’altro: “favorirà opportunità equivalenti e percorsi tendenti alla parità, intesa come possibilità per donne e uomini di realizzarsi nella vita privata, professionale e pubblica”. Coerentemente alcune iniziative hanno avuto per oggetto il tema delle pari opportunità. Ricordo in particolare che la Fondazione Zaninoni ha commissionato una ricerca sull’analisi dei bilanci pubblici secondo un’ottica di genere, con l’obiettivo di verificare i diversi effetti che le voci del bilancio hanno su donne e uomini, a cui è seguito un seminario molto partecipato di operatrici e operatori del settore. Ma anche i contributi annuali che eroghiamo sono spesso mirati a supportare iniziative di giovani donne che muovono i primi passi nell’ambito della cultura o dell’arte – come per la prima mostra della fotografa Monika Bulaj – o a sostenere la formazione di ragazze africane – come la borsa di studio su iniziativa della Fondazione Rita Levi-Montalcini e quella per la partecipazione al Master di Microfinance organizzato dalla Fondazione Giordano Dell’Amore.

Nel dibattito intorno al tema delle pari opportunità è stato più volte sottolineato che molte donne si sono affermate nell’ambito delle proprie attività, e se questo è senz’altro vero, lo è però in termini percentualmente molti minoritari rispetto all’altro genere. Abbiamo ritenuto fosse interessante rivolgerci ad alcune di loro per descrivere da un lato le ragioni dell’affermazione, ma soprattutto per verificare la loro disponibilità ad essere traino di un’evoluzione più generale e su quali punti è importante insistere perché questo avvenga. Da qui la tavola rotonda: “Donne in pole position: il futuro è già cominciato?”.

E dal dibattito, come avrete modo di leggere, emerge che da un lato sicuramente evoluzioni non si possono negare ma dall’altro, confrontandoci, come oggi è d’obbligo, con il resto d’Europa, dobbiamo decisamente affermare che il percorso è ancora lungo e difficile. E questo un po’ in tutti i campi, come le nostre ospiti hanno testimoniato, dall’imprenditoria, all’università, alla politica, allo sport, al mondo del lavoro. L’eccellenza femminile esiste, ma le possibilità di affermazione vengono evidentemente inibite da una cultura e una prassi che non sanno ancora cogliere la ricchezza che il contributo delle donne può portare non solo per loro stesse ma all’insieme della società. Un esempio per tutti, citato da Pia Locatelli: “la media dei dottori di ricerca donne nei Paesi dell’Ocse è del 28%, quella italiana è del 48%”, un risultato eclatante, tenuto soprattutto conto che tutti gli altri indici vedono l’Italia inferiore alla media Ocse e agli ultimi posti UE. Da questo non deriva però un’affermazione professionale in linea con il dato di partenza, sino ad arrivare al paradosso che, come ha ricordato Maria Cristina Treu, su 74 università, vi è una sola donna rettore. Persino nello sport, dove sempre più spesso le atlete italiane raggiungono successi più ampi degli uomini, la legge attuale, come ha sottolineato Lara Magoni, tutela alcuni aspetti sanitari e previdenziali solo nell’ambito professionistico che è appannaggio esclusivamente maschile. Come dice Marialuisa Trussardi, “a un certo punto nella carriera delle donne succede qualche cosa che le limita, le frena”. Noi, anche con convegni come questo, vogliamo contribuire a togliere questi limiti e questi freni e affronteremo in una prossima iniziativa un approfondimento sulla “provocazione” di Susanna Camusso che propone “il congedo di maternità obbligatorio in quota parte per gli uomini”. Da noi è una provocazione, in Norvegia è norma.

Paolo Crivelli
Direttore della Fondazione

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L’articolo 3 dello Statuto della nostra Fondazione recita fra l’altro: “favorirà opportunità equivalenti e percorsi tendenti alla parità, intesa come possibilità per donne e uomini di realizzarsi nella vita privata, professionale e pubblica”. Coerentemente alcune iniziative hanno avuto per oggetto il tema delle pari opportunità. Ricordo in particolare che la Fondazione Zaninoni ha commissionato una ricerca sull’analisi dei bilanci pubblici secondo un’ottica di genere, con l’obiettivo di verificare i diversi effetti che le voci del bilancio hanno su donne e uomini, a cui è seguito un seminario molto partecipato di operatrici e operatori del settore. Ma anche i contributi annuali che eroghiamo sono spesso mirati a supportare iniziative di giovani donne che muovono i primi passi nell’ambito della cultura o dell’arte – come per la prima mostra della fotografa Monika Bulaj – o a sostenere la formazione di ragazze africane – come la borsa di studio su iniziativa della Fondazione Rita Levi-Montalcini e quella per la partecipazione al Master di Microfinance organizzato dalla Fondazione Giordano Dell’Amore.

Nel dibattito intorno al tema delle pari opportunità è stato più volte sottolineato che molte donne si sono affermate nell’ambito delle proprie attività, e se questo è senz’altro vero, lo è però in termini percentualmente molti minoritari rispetto all’altro genere. Abbiamo ritenuto fosse interessante rivolgerci ad alcune di loro per descrivere da un lato le ragioni dell’affermazione, ma soprattutto per verificare la loro disponibilità ad essere traino di un’evoluzione più generale e su quali punti è importante insistere perché questo avvenga. Da qui la tavola rotonda: “Donne in pole position: il futuro è già cominciato?”.

E dal dibattito, come avrete modo di leggere, emerge che da un lato sicuramente evoluzioni non si possono negare ma dall’altro, confrontandoci, come oggi è d’obbligo, con il resto d’Europa, dobbiamo decisamente affermare che il percorso è ancora lungo e difficile. E questo un po’ in tutti i campi, come le nostre ospiti hanno testimoniato, dall’imprenditoria, all’università, alla politica, allo sport, al mondo del lavoro. L’eccellenza femminile esiste, ma le possibilità di affermazione vengono evidentemente inibite da una cultura e una prassi che non sanno ancora cogliere la ricchezza che il contributo delle donne può portare non solo per loro stesse ma all’insieme della società. Un esempio per tutti, citato da Pia Locatelli: “la media dei dottori di ricerca donne nei Paesi dell’Ocse è del 28%, quella italiana è del 48%”, un risultato eclatante, tenuto soprattutto conto che tutti gli altri indici vedono l’Italia inferiore alla media Ocse e agli ultimi posti UE. Da questo non deriva però un’affermazione professionale in linea con il dato di partenza, sino ad arrivare al paradosso che, come ha ricordato Maria Cristina Treu, su 74 università, vi è una sola donna rettore. Persino nello sport, dove sempre più spesso le atlete italiane raggiungono successi più ampi degli uomini, la legge attuale, come ha sottolineato Lara Magoni, tutela alcuni aspetti sanitari e previdenziali solo nell’ambito professionistico che è appannaggio esclusivamente maschile. Come dice Marialuisa Trussardi, “a un certo punto nella carriera delle donne succede qualche cosa che le limita, le frena”. Noi, anche con convegni come questo, vogliamo contribuire a togliere questi limiti e questi freni e affronteremo in una prossima iniziativa un approfondimento sulla “provocazione” di Susanna Camusso che propone “il congedo di maternità obbligatorio in quota parte per gli uomini”. Da noi è una provocazione, in Norvegia è norma.

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